“Chi non accoglie il regno di Dio come l’accoglie un bambino, non entrerà in esso”. (Lc 18,17)
Quali sono le caratteristiche di un bambino che consentono di entrare nel Regno di Dio? Chi ha a che fare con essi, sa benissimo che a volte sono monelli, capricciosi, insopportabili. Passare tanto tempo con loro non è semplice, forse proprio nel lookdown qualcuno ne ha fatto esperienza.
Eppure le parole di Gesù sono chiare, ci dev'essere qualcosa di loro, in loro, che dobbiamo imparare o reimparare. Che cosa? È la domanda che mi sono posto quando ho letto il Vangelo che la liturgia ci ha proposto in un giorno di questa settimana. Subito mi è tornato alla mente ciò che abbiamo vissuto dei pomeriggi da lunedì 31 agosto a venerdì 11 settembre con 43 bambini delle elementari, 4 adulti, 3 giovani e qualche adolescente.
Abbiamo dovuto preparare giochi e attività per gruppetti da 7, sempre gli stessi, con lo stesso adulto o animatore. Ognuno aveva una parte di campo assegnata, non ci si poteva mai mischiare e si dovevano rispettare tutte le norme anti Covid che ormai tutti conoscono.
Già dopo i primi giorni, i genitori ci dicevano che i bambini tornavano a casa felicissimi. Non potevo crederci. Come poteva essere possibile? La preparazione di fine agosto non aveva potuto essere delle più dettagliate, le condizioni non erano assolutamente favorevoli. Senza contare le preoccupazioni che, per noi adulti, erano considerevoli.
Eppure i bambini, oso dire quasi tutti, hanno abbracciato la realtà per quella che era, si sono messi in gioco così, in maniera spavalda e baldanzosa. Si sono goduti le giornate, si sono goduti la vita. Potremmo addirittura dire: sono entrati nel regno di Dio, qui ed ora, come Lui ha promesso.
E sì che noi adulti, invece - credo proprio che dobbiamo ammetterlo -, spesso e volentieri abbiamo degli atteggiamenti che introducono nel loro sangue una certa paura per ciò che accade, tanta preoccupazione, una sottile diffidenza… In fondo, una sfiducia nella realtà e, quindi, nella vita. Tanto è vero, per esempio, che molti giovani non sanno reggere di fronte ai colpi che la vita non risparmia: fallimenti scolastici, delusioni affettive, stress lavorativi… Così, spesso, li vediamo disorientati di fronte al futuro, senza una speranza vera che possa sostenere la vita.
Non si può che dire grazie! Agli adulti volontari, certo. E ai giovani e agli adolescenti che hanno donato il loro tempo. Ma soprattutto grazie a questi bambini, perchè ci hanno indicato di nuovo la strada. Anzi, di più: hanno mostrato che è possibile vivere partendo prima di tutto da un’ipotesi positiva sulla vita.
don Andrea